Jean Léon Gérome, pittore ottocentesco è l'autore di un famoso quadro, “Pollice verso” che ha contribuito a fare di certe scene un mito, ma purtroppo senza fondamento storico.
Gerome nacque in Francia a Vesoul nel 1824 e morì a Parigi nel 1904 all'età di ottanta anni. Fu allievo di Delaroche ed ebbe lui stesso molti allievi divenuti famosi artisti; la lista sarebbe lunga ma si possono citare Mary Cassat, William Dodge.
Fu fortemente influenzato dal suo maestro ed infatti fu sempre fedele allo stile realista e neoclassico.
Sposò Marie Goupil, figlia di Adolphe Goupil editore d'arte e proprietario di una galleria per la quale da giovane lavorò anche Van Gogh.
Negli ultimi anni della sua vita si oppose fortemente al nascente movimento Impressionista. Apprezzava il Monet delle cattedrali, ma non quello delle ninfee ed ebbe a dire di lui: “Questo Monet vi ricordate le sue cattedrali? Quell'uomo sapeva dipingere! Sì, ho visto cose buone fatte da lui, ma ora!”
E si oppose anche ad una esposizione di Manet all'Ecole di Beaux Arts. Fu sempre un forte difensore dello stile accademico, che ormai affannava davanti all'affacciarsi di avanguardie e nuove interpretazioni artistiche come appunto, quella impressionista.
La sua passione per la storia e per le scene storiche ne decretò il successo.
Lotta fra galli: il primo importante dipinto di successo |
scultura: Corinto |
Il Pollice verso
L'opera dipinta nel 1872, si trova al Phoenix Art Museum.
Rappresenta dei gladiatori. In primo piano si vede un “mirmillone” un gladiatore armato che combatteva ad arma corta e che ha appena sconfitto un reziario, che combatteva usando la rete.
Sullo sfondo una folla urlante con il pollice rivolto vero la terra chiede che lo sconfitto sia giustiziato; sorprende vedere la fila di donne in bianco, le vestali, chiedere l'uccisione del reziario come tante cheerleaders assetate di sangue. Sulla sinistra un imperatore piuttosto annoiato sembra disinteressarsi di tutto.
Questa scena ha ispirato molto il cinema, dai colossal anni sessanta all'ultimo “Gladiatore” di Ridely Scott, ma il gesto del pollice è un falso storico.
Intanto non è suffragato da alcun documento storico che i gladiatori sconfitti venissero giustiziati, anzi, i combattimenti erano molto apprezzati dagli spettatori romani, si investiva molto sui gladiatori che erano dei veri e propri miti come oggi lo sono gli sportivi più famosi per cui non c'era alcuna intenzione di perderli in maniera definitiva. C'è da dire che i combattimenti erano reali, non con armi di scena, per cui era possibile ferirsi gravemente ed è documentato che qualche sconfitto abbia chiesto di essere finito per non dover sopportare il dolore di ferite mortali, come accadeva anche in battaglia. In ogni caso, gli spettatori non erano mai coinvolti in queste scelte.
In più, nessun romano dell'epoca avrebbe usato quel gesto per sentenziare la fine del perdente; l'errore nasce dalla traduzione latina di “pollex versus” ossia volto in su: il pollice era chiuso nel pugno quando si voleva dire che la spada rimaneva nel fodero (quindi vivere) veniva estratto dal pugno e girato di 90 gradi per simulare una persona dritta che cadeva o ancora la spada sguainata, quando si voleva esprimere la condanna a morte. In ogni caso il pollice non veniva mai rivolto verso terra.
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