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venerdì 23 aprile 2021

Chi è la ragazza con l'orecchino di perla di Vermeer ?

 

E' conosciuta come la ragazza con l'orecchino di perla, o ragazza con turbante o ancora la Monna Lisa Olandese, dipinta da Johannes Vermeer, pittore fiammingo, intorno alla metà del 1600: si trova alla MauritsHuis ed è forse il capolavoro più conosciuto di Vermeer.

Ha ispirato romanzi e anche un film, del 2003 con poche parole e molti sospiri; protagonista nella veste della ragazza, Scarlett Johanson.



Chi era Vermeer

Di lui si sa poco e quel che si sa lo si deduce da alcuni documenti. Nacque nel 1632 a Delft in Olanda e vi trascorse tutta la sua esistenza; era un artista ed un mercante. Ebbe 14 figli, 11 dei quali gli sopravvissero.

Nel 1653 lo troviamo iscritto alla Gilda di San Luca (una sorta di corporazione di artisti), ma si sa che non versava la quota di iscrizione, l'ipotesi più probabile è che non potesse permettersi l'iscrizione. Di religione protestante, sposò una ricca ereditiera cattolica. Nel 1662, a 30 anni, lo troviamo tra i decani della Gilda di San Luca, quindi gli affari prosperavano e si presume fosse molto stimato a Delft per poter avere quella carica.

Muore all'improvviso nel 1675 a 43 anni, pochi anche per quei tempi, e lascia la famiglia fortemente indebitata tanto che alcuni creditori vennero in parte soddisfatti con la vendita di alcuni suoi quadri.

Qualcuno si spinse a citare le avverse fortune dovute alla “bolla dei tulipani”, una isteria speculativa che portò alcuni bulbi di tulipani a valere quanto un un appartamento nel centro di Parigi, ma si tratta di un falso storico perché la bolla scoppiò nel 1637 quando Vermeer aveva appena 5 anni.

Di lui restano 36 opere che gli sono attribuite con ragionevole certezza e altre con molti dubbi; ha avuto molti imitatori, tra tutti il più famoso è un suo quasi omonimo, Han Van Mergeeren, che nel secolo scorso non si limitò a copiare Vermeer, ma a mettere in circolazione opere “alla maniera di Vermeer”. I falsi “alla maniera di” sono i più insidiosi anche per occhi esperti.

Oggi i falsi di Mergeeren rivaleggiano per valore con quelli dell'antenato imitato.


La tecnica di Vermeer

Vermeer dipingeva con molta accuratezza: piccole pennellate accostate, colori con transizioni dall'ombra alla luce molto sfumate e quasi impercettibili.

Qualcuno sostiene che usasse la camera oscura, una sorta di arcano proiettore con lenti e specchi che proiettava l'immagine reale direttamente sulla tela.

Non ci sarebbe niente di strano, visto che grazie al progredire degli studi sull'ottica, lo stesso strumento veniva usato anche da Caravaggio.

Gli interni e gli arredi dei quadri di Vermeer sono dipinti con grande naturalezza: in questo spazio molto ben descritto, solitamente una stanza che prende luce da una finestra a sinistra, vengono collocati i “personaggi” colti in atteggiamenti quotidiani.

donna con brocca di late

la ragazza e il cavaliere

la lezione di musica

ragazza con brocca

Suonatrice di  liuto (con orecchino di perla)

La ragazza con il turbante

La ragazza con il turbante è un'opera bellissima perché è molto semplice: il ritratto di una ragazza con un gran turbante giallo e blu che guarda lo spettatore di tre quarti con un sorriso suadente.

Per il blu del turbante Vermeer non ha badato a spese: ha usato il prezioso blu di lapislazzuli. Studi dell'opera hanno permesso di riconoscere sullo sfondo orami invecchiato e di un nero uniforme, un colore verde, scuro, forse un tendaggio.

L'orecchino potrebbe essere di perla vera o coltivata: si è molto discusso sul fatto che la ragazza sembra avere un abbigliamento popolare, ma indossa un orecchino di perla, prerogativa degli aristocratici.

Per quel che si vede, potrebbe essere anche un orecchino cavo, una mezza sfera di argento.

Il gioiello compare anche in altre opere di Vermeer, come nel ritratto della ragazza con collana di perle e nella suonatrice di liuto.

ragazza con collana di perle (e orecchino)


Ma chi era la ragazza con l'orecchino di perle?

Nessuno in particolare.

Veermer dipingeva quadri di genere, che piacevano ai suoi acquirenti. Tra questi, c'erano i cosiddetti “tronien” ritratti di personaggi idealizzati nella loro bellezza che rifletteva canoni estetici e non volti reali, genere molto in voga tra i pittori fiamminghi dell'epoca.

Anche per i tronien tuttavia i pittori erano soliti usare modelli e con undici figli, di certo a Vermeer i modelli non dovevano mancare.

ritratto di giovane (forse una delle figlie)



lunedì 19 aprile 2021

Le molte malattie di Van Gogh

 Sulle malattie di Van Gogh si è scritto molto: anche quando era in vita le diagnosi sui suoi problemi erano alquanto discordanti.
Van Gogh nacque in un paese olandese il 30 marzo 1853 primogenito di un pastore della Chiesa protestante olandese Riformata; meglio, secondogenito. Gli venne dato infatti lo stesso nome del fratellino morto  subito dopo la nascita, esattamente un anno prima, .
All'età di 15 anni interruppe gli studi; all'epoca, nella sua famiglia, oltre ai genitori c'erano: Anna, di 13 anni, Theo di 11 anni, Elizabeth di 9 anni, Wilhelmina di 6 anni, Cornelius, l'ultimo fratello di 1 anno.
Della gioventù di Van Gogh si sa poco anche se c'è chi si è affannato a dire che fosse un asociale introverso. Nel 1869, a 16 anni, per intercessione di uno zio che faceva il mercante d'arte viene assunto nella casa d'arte Goupil e Cie; 4 anni dopo, all'età di 20 anni, viene mandato alla filiale di Londra del Goupil e Cie. A 22 anni è trasferito a Parigi, a 23 anni lascia la casa d'arte e si dedica all'insegnamento.

Vincent a 19 anni

In questa fase della sua vita nasce in lui un profondo senso religioso e decide di divenire predicatore. Nel 1879, a 26 anni, ottiene un incarico di predicatore tra i minatori del Belgio. La sua attività di evangelizzazione viene portata molto all'estremo: Vincent condivide tutto con i minatori, la durezza della loro vita, gli stenti. Si mette a curarli nonostante le sue condizioni economiche fossero peggiori di quelle dei minatori: è a queste dure condizioni di vita che qualcuno riconduce i problemi di salute che si manifestarono qualche anno dopo.
Nel 1880 a 27 anni, comincia la sua carriera artistica.


Sostenuto - soprattutto economicamente - dal fratello Theo che lavora alla Goupil e Cie, nel 1886 si trasferisce a Parigi, dove vive il fratello.
Nel 1888 si sposta ad Arles dove compra una casa, la famosa "casa Gialla" che nei suoi progetti dovrebbe divenire una sorta di "casa di artisti" divulgatori di un nuovo modo di fare arte. Lì viene raggiunto, su insistenza di Theo, dal pittore Gauguin, ma la convivenza si rivela subito difficile e il 24 dicembre 1888, sfocia in una lite dalle motivazioni ignote, che culmina con una mutilazione: Vincent si taglia un lobo di un orecchio con un rasoio. Perde molto sangue e viene trovato dalla polizia privo di sensi.

Ritratto con l'orecchio ferito


Viene ricoverato all'ospedale "Hotel Dieu" dove resta 6 settimane. Successivamente, accetta il ricovero volontario nell'Ospedale psichiatrico di Sain Remy dove gli viene diagnosticata l'epilessia.
Sembra star meglio, ma nell'estate del 1889 un episodio allucinatorio lo porta ad ingerire i colori dei suoi tubi. 
All'inizio del 1890, a 37 anni, si trasferisce ad Auvers dur Oise, dove viene preso in cura dal dott. Gachet, un medico staineriano, omeopata e amante dell'arte.
Per Vincent, un medico non troppo competente: in una della lettere al fratello Theo lo descrive come una persona  più malata di quanto lui stesso non sia.
Vincent muore per un colpo di pistola allo stomaco nel luglio 1890, dopo 2 giorni di agonia.

Ritratto del dott. Gachet

Il dott. Gachet infatti decise di non operarlo: forse non sapeva nemmeno da che parte  cominciare. Si limitò ad applicare una fasciatura e ad avvisare il fratello Theo che lo assisté fino alla morte.
La pistola non fu mai trovata e molto si è discusso se si sia trattato di un suicidio o di un omicidio involontario.
Nel 1965, 70 anni dopo la morte di Vincent,  spunta in un campo nei pressi del  luogo del ferimento, una pistola molto arrugginita. Si decise sulla base del calibro che fosse la pistola con cui Vincent si era sparato. La pistola è stata battuta all'asta nel 2019 per 162.000 euro.

La miopia

L'alone con cui Vincent circondava le stelle nei quadri dipinti nell'ultima parte della sua vita, rivelano un difetto visivo riconducibile ad una ridotta vista da lontano, confermata anche dalla evidenziazione dei contorni delle figure. Quello che vedeva è quel che vedrebbe un miope anche se c'è chi si è affrettato a dire che soffrisse di glaucoma. 
La determinazione con cui si era immerso nello studio della Bibbia, la vita tra i minatori potevano in effetti aver compromesso la vista.






I disturbi mentali

I repentini cambi di umore cui andava incontro, generalizzati come pazzia, hanno avuto infinite diagnosi: schizofrenia, epilessia del lobo temprale, e da ultimo, porfiria intermittente, malattia metabolica che si manifesta con pallore, allucinazioni, cambi di umore e crampi fortissimi allo stomaco, disturbo però che non sembrava affliggere Vincent.
La porfiria è una malattia autoimmune, ereditaria: qualcun altro ne doveva soffrire tra numerosi  i fratelli di Vincent e a suffragare questa teoria si cita la morte di Theo dopo il ricovero in ospedale psichiatrico e quella della sorella Wilhelmina che ci trascorse diversi decenni della sua vita.
Ora, Theo, si sa che era malato di sifilide e che morì 6 mesi dopo Vincent dopo essere caduto in una profonda depressione per non aver potuto salvare il fratello cui era molto legato.
Whilelmina, aveva idee molto progressiste e femministe: all'epoca era facile accusare una donna di nevrosi se era troppo "scomoda" o quando un uomo voleva interrompere un vincolo matrimoniale divenuto noioso, in un'epoca in cui il divorzio non esisteva. Whilelmina trascorsa gran parte della sua esistenza in manicomio e morì nel 1941.
Di porfiria non c'è traccia.
Molto probabilmente ciò che afflisse Vincent Van Gogh era  un disturbo bipolare della personalità, aggravato dalle precarie condizioni di vita, dalla forte determinazione con cui si dedicava alla pittura e dall'uso di alcol.

martedì 13 aprile 2021

Giallo d'arte: i presunti coniugi Arnolfini

 L'opera

Sul ritratto dei coniugi Arnolfini di Jan Van Eyck sono stati scritti fiumi di parole: dall'interpretazione alla pura immaginazione, il giallo è tutt'ora irrisolto.












Quel che si presume

Chi sono i due coniugi ritratti da Van Eyck? Il quadro, ora alla National Gallery di Londra, viene inventariato per la prima volta con il titolo “Hernoule le fin e sa femme”, da qui si è ritenuto essere uno degli Arnolfini per semplice assonanza del nome.

Gli Arnolfini erano una famiglia di mercanti e banchieri originaria di Lucca, che nel 1400 si stabilì a Bruges e si arricchì con i commerci.

L'Arnolfini nel ritratto si ritiene essere Giovanni di Nicolao, che dal 1426 al 1433, anno della morte di lei, fu sposato con Costanza Trenta.

Cosa si sa

Si sa che il quadro fu dipinto da Jan Van Eyck nel 1434 perché lo scrive il pittore in bella evidenza sopra l'immagine dello specchio, quindi non si comprende perché l'Arnolfini avrebbe commissionato questo quadro “celebrativo” che ritrae una coppia molto ricca e in un atteggiamento affettuoso, con la mano di lei in quella di lui, dopo la morte della moglie.



Per di più, Van Eyck era un pittore di corte, presso il Duca di Borgogna Filippo il Buono e nessuno avrebbe potuto ingaggiarlo senza il consenso del Duca stesso, nemmeno un ricco mercante come l'Arnolfini.

Nel quadro è ritratta una coppia molto giovane e molto ricca: lui indossa un abito bordato di pelliccia di marmotta, lei una veste verde pesante bordata di pelliccia di scoiattolo, nella stanza si intravede un prezioso tappeto dell'Anatolia, è presente della frutta identificata con arance, un prodotto che nel Nord Europa solo i più ricchi potevano allora permettersi. Anche quelli che sembrano zoccoli ma che in realtà sono dei soprascarpe che all'epoca si si indossavano per proteggere le calzature vere e proprie, sono molto raffinate, a sottolineare ancor più la ricchezza dei coniugi.


La donna tiene una mano sul ventre, piuttosto prominente ed è ritratta davanti ad un letto-divano rosso, quindi si è pensato che tutto alludesse ad una sua gravidanza.

In realtà osservando bene la figura si capisce che la prominenza del ventre è data dal pesante panneggio della stoffa che la donna trattiene con la mano.


Lo specchio

Il vero enigma o forse la chiave della soluzione del mistero è lo specchio: si tratta di uno specchio convesso, molto di moda nelle case dell'epoca. Van Eyck, che era anche un fine miniaturista, ha raffigurato minuziosamente nella cornice alcune scene della Passione di Cristo, e ha aggiunto il riflesso di due personaggi che sembrano popolare la stanza oltre ai due coniugi e di fatto stanno loro di fronte, ma si è dimenticato di congiungere la mano degli sposi e ha eliminato il cagnolino che non è riflesso nello specchio, come dovrebbe essere.




Le congetture






Qualcuno ha messo in relazione questo ritratto con quello dell'uomo dal Turbante rosso, sempre di Van Eyck: i due ritratti sono molto somiglianti e questo fa pensare si tratti della stessa persona, sempre Giovanni Arnolfini, ritratto qualche decennio dopo da Van Eyck su concessione del Duca di Borgogna per i servigi che l'Arnolfini prestava a corte.



Esaminando il ritratto della coppia qualcuno si è spinto anche a fare una diagnosi sulla salute dell'Arnolfini, sofferente di ipotiroidismo. Nel quadro si vede infatti un ciliegio con i frutti, i frutti arancioni non sarebbero arance, ma pesche e quindi ci troviamo in primavera inoltrata. Ma l'Arnolfini e la moglie sono vestiti pesantemente, perché freddolosi, conseguenza del cattivo funzionamento della tiroide. Ciò sarebbe anche convalidato dal pallore e dagli occhi sporgenti, tutti indizi di malattia della tiroide.



La pura speculazione

C'è poi chi ha ritenuto che il quadro fosse un omaggio alla moglie “revenante”. I “revenant” erano anime di defunti molto infelici che tornavano a tormentare i viventi.

Il marito per placare la defunta, avrebbe fatto dipingere un quadro alla memoria: il vestito scuro di lui rimanda al lutto, sulla cornice dello specchio, le scene sulla morte di Cristo sono tutte dalla parte della donna (è una conseguenza logica del fatto che quelle di vita, sono sull'altro lato), il candelario sulla testa di lei ha solo una candela accesa, inoltre nell'immagine riflessa nello specchio, i coniugi non si toccano le mani, il che farebbe pensare al trapasso di lei.


Concludendo

Risulta che la signora Arnolfini era già morta quando il quadro è stato dipinto, inoltre era del tutto improbabile che un mercante per quanto ricco potesse disporre di un pittore di corte senza l'assenso del suo “datore di lavoro”, il quadro è firmato Van Eyck con molta enfasi (Van Eyck è stato qui), il titolo dato al quadro nel primo inventario “Hernoule le fin” potrebbe essere un errore, o indicare una descrizione che nulla ha a che vedere con Arnolfini; l'uomo col turbante rosso, sempre di Van Eyck, somiglia molto all'uomo della coppia presunta Arnolfini, ma è improbabile che potesse richiedere di essere ritratto dal medesimo pittore di corte a distanza di anni.

Forse è più semplice pensare che i due personaggi ritratti siano Van Eyck stesso e la moglie e il pittore si sia preso la briga di sparpagliare qua e là qualche licenza pittorica per i posteri che sono oggi qui a chiedersi: ma chi sono questi due?



domenica 11 aprile 2021

A proposito di Van Gogh

 Le origini

Vincent Van Gogh nacque in una piccola città olandese, Groot-Zundert nel 1830.

Vincent amava molto la campagna e la natura. Si appassionò alla vita dei contadini e spesso li dipinse nei suoi quadri.

L'amore per la campagna

Dipinse spesso contadini intenti alla semina, come in questo quadro dove il colore chiaro del cielo ci indica che siamo al mattino: è l'alba e il contadino si è alzato presto per seminare:

 






Un altro famoso quadro di contadini addormentati: qui il cielo è azzurro e i colori sono caldi. I contadini sono appoggiati all'ombra di un pagliaio sul grano che stanno falciando. Si vedono le falci vicino all'uomo e le sue scarpe. Lontano c'è il carro con i buoi che stanno mangiando. I contadini si riposano, dopo il lavoro.









Anche in questo dipinto è raffigurata una famiglia di contadini.



C'è una famiglia riunita in casa alla fine della giornata: ci sono due anziani, una coppia più giovane e una bambina. La donna più anziana versa una bevanda, caffé, l'uomo le porge qualcosa, una patata, gli altri due giovani mangano da un piatto.

La scena è scura: c'è solo una fonte di luce, il lume a petrolio al centro della stanza. Dietro la donna anziana si vede un contenitore con dei mestoli, sulla parete opposta un orologio e un quadretto. 

E' una famiglia piuttosto povera.

Vincent dipinge questa scena come se la stesse guardando alla finestra. Il quadro è conosciuto con il titolo “I mangiatori di patate”, ma non è detto che in quel piatto ci siano davvero patate!

La vita in Francia

Vincent amava molto dipingere i paesaggi; era è nato in Olanda e l'Olanda è famosa per i i mulini! Ce n'erano moltissimi all'epoca ed avevano vari usi: servivano a pompare l'acqua dal terreno che veniva così asciugato e coltivato, a far funzionare macchinari per macinare, per lavorare il ferro.

Vincent dipinse in più occasioni il mulino de La Galette, e che non si trova in Olanda, bensì in Francia!



 Infatti, ad un certo punto Vincent lascia    l'Olanda e si trasferisce a Parigi, dove lavora già il suo amatissimo fratello Theo, che aveva trovato lavoro nella una galleria d'arte “Goupil e Cie”. 




A Parigi Vincent affitta una casa insieme ad un altro pittore, Paul Gauguin, e chiama la casa parigina la “casa gialla”; il giallo era infatti il suo colore preferito.

A Parigi incontra molti altri pittori famosi: Degas, Pizarro, Monet, Renoir e continua a ritrarre la natura: iris, girasoli, paesaggi diurni e notturni.













Questo quadro si chiama “la vigna rossa”. A destra si vede una strada brillante e un uomo che cammina: c'è appena stato un acquazzone per questo la strada è chiara e l'ombra dell'uomo è  allungata come se fosse riflessa da uno specchio. I contadini stanno raccogliendo l'uva. Il quadro è famoso perché è l'unico che il fratello Theo che faceva il mercante d'arte, riuscì a vendere durante l'intera vita di Vincent.


Ritratto di Vincent


Ritratto di Theo

La pittura  di Van Gogh è apparentemente semplice: molte sue opere sono state riprodotte centinaia di volte.

La pittura è molto materica, con un ampio uso del colore, fatta di tanti tratti affiancati; la pennellata segue le forme degli oggetti.

Se volessimo provare ad imitarlo, potrebbe essere questa la tecnica di Van Gogh:










In realtà la sua pennellata resta unica ed inconfondibile nel panorama artistico, tanto da essere immediatamente identificabile.



La pernice di Brugel

 Il quadro è conosciuto con il titolo di “la caduta di Icaro”, opera di Brugel , conservato al Museo Reale di Belle arti in Belgio. Per trov...