Il dipinto è conosciuto con il titolo di “cacciatori nella neve” o caccia infruttuosa e si trova al Kunstinstoriches Museum di Vienna.
In un paesaggio innevato fino al mare che si intravede in lontananza, si nota in primo piano un gruppo di uomini seguito da molti cani, che rientra da una battuta di caccia di scarso successo: l’unica preda catturata è infatti una volpe appesa alla schiena di uno dei cacciatori. Sulla neve, di fronte al gruppo, si scorgono le orme di un coniglio selvatico che, evidentemente, è sfuggito alla cattura.In secondo piano a sinistra si vede l’insegna della locanda “il cervo” davanti alla quale un gruppo di persone si appresta alla macellazione del maiale. L’animale non è visibile, ma si intuisce cosa accadrà dal fuoco acceso per la strinatura e dal mastello utilizzato per questo tipo di macellazione.
In lontananza si scorgono altri personaggi che giocano su un lago ghiacciato: chi pattina, chi ha in mano una mazza stile hockey, chi gioca ad una specie di carling, qualcuno è caduto.
Il quadro è firmato “Brugel 1565”.
L’autore
Il quadro è opera di Pieter Brugel il Vecchio, così chiamato per distinguerlo da altri Brugel, fratelli e figli, anche loro pittori.
Non si conosce con precisione l’anno di nascita di Brugel. Lo si trova citato in un documento della corporazione di San Luca, quella dei pittori, nel 1551 quindi possiamo supporre che sia nato una ventina di anni prima.
Si formò ad Anversa studiando le opere di Bosh, altro pittore fiammingo, viaggiò in Italia e morì nel 1569, data certa, segnata sulla lapide.
La sua pittura risente delle influenze grafiche dei suoi maestri, i suoi personaggi sono spesso goffi e caricaturali, una umanità viziosa, quasi fumettista, appartenente al mondo contadino che viene descritto nel compimento delle attività quotidiane.
Il paesaggio
I colori dominanti nel quadro sono il bruno ed il bianco; tutto evoca un inverno molto rigido. Sullo sfondo si notano dei particolari curiosi che Brugel aveva importato dal suo viaggio in Italia e che sono del tutto assenti nel paesaggio fiammingo: ad esempio, il campanile a guglia e le vette innevate che ricordano molto le nostre Alpi.
In cielo volano delle gazze e alcuni corvi sono posati sui rami degli alberi innevati, uccelli tutti associati al demonio: nella descrizione delle quotidiane attività dei contadini non sfugge il senso di pesantezza e difficoltà sottolineato dall’insuccesso dei cacciatori e dalla rigidità del clima.
Brugel descrive infatti uno degli inverni più rigidi della storia moderna: prima che il riscaldamento globale diventasse una triste costante, il nostro emisfero attraversò un periodo di circa cento anni, che va dalla metà del 1400 fino al 1570 , conosciuto come “piccola glaciazione”. Si tratta di un periodo molto breve rispetto alle ere glaciali che durarono milioni di anni, in cui comunque si registrarono, in tutte le stagioni, temperature molto più basse della media.
Il fenomeno sembra essere collegato ad una ridotta attività solare; da alcuni documenti storici si sa che nell’inverno del 1565, anche il Tamigi ghiacciò e rimase ghiacciato per diverse settimane, fenomeno alquanto inconsueto per l’epoca.
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