Cerca nel blog

mercoledì 26 maggio 2021

Il dott. Gachet, un medico appassionato di arte.


Paul Ferdinando Gachet classe 1828, fu un medico piuttosto stravagante per la sua epoca. Seguace della filosofia steineriana (Rudolf Steiner è il fondatore della biodinamica), omeopata quando l’omeopatia era del tutto sconosciuta, si laureò a 30 anni con una tesi di psichiatria sulla “melanconia”, malattia piuttosto sfuggente come lo è oggi la depressione.

Appassionato di arte, pittore ed incisore tanto che fu in questo, un maestro anche per Cezanne. Fu medico delle Ferrovie del Nord francesi e medico ispettore delle scuole parigine. Nel 1872 si trasferì ad Auvers sul Oise, un piccolo villaggio a circa 30 km da Parigi.





La permanenza ad Auvers sur Oise

Auvers era all’epoca una meta per molti pittori impressionisti. Da Auvers sono passati Renoir, Cezanne e Van Gogh. Cezanne dipinge la casa del dott. Gachet in un quadro del 1872. Ma è con Van Gogh che l’amicizia si fa stretta.



la casa del dott. Gachet - dipinto di Cezanne












L'amicizia con Van Gogh

Van Gogh, già paziente psichiatrico è appena dimesso dalla clinica, quando viene affidato al dott. Gachet dal fratello Theo su consiglio di Camille Pisarro anche lui frequentatore della piccola cittadina di Auvers. All’inizio l’impressione che Van Gogh ne trasse, non fu positiva. Scriveva infatti al fratello Theo: il dott. Gachet è simpatico, ma disturbato almeno quanto me. Se un cieco guida un altro cieco non andranno tutti e due nel fosso?

Fu questo riconoscersi simili, probabilmente, a rafforzare il legame fra i due. Van Gogh lo ritrasse un paio di volte, anche se è probabile che il secondo ritratto sia una copia fatta dallo stesso Gachet: manca infatti il classico tratto spezzato Van Gogh, e alcuni particolari, ma non la pianta di digitale. Era con l’estratto di digitale infatti che all’epoca si curava in maniera omeopatica l’epilessia, disturbo che venne diagnostico a Van Gogh quando fu ricoverato nella clinica di S.Remy.

Van Gogh ritrae il dott. Gachet con una espressione malinconica sul volto, quella stessa malinconia che lui aveva studiato in gioventù, anche se il pittore la definisce "disillusione"; in realtà il dott. Gachet all'epoca di questi ritratti, datati 1890, aveva appena subito un grave lutto familiare.

Ritratto del dott. Gachet - V.Van Gogh

Ritratto del dott. Gachet - forse opera dello stesso Gachet

il giardino di casa Gachet - V.Van Gogh


Gachet e l'arte

Paul Gachet apprezzò molto gli impressionisti e seppe riconoscere in loro quella freschezza e quell'innovazione artistica che ne decreterà il successo; acquistò molte loro opere quando la critica li disprezzava, fu un piccolo mecenate per molti di loro e fu lui stesso un artista: si firmava Paul.Van Ryssel. Ryssel in fiammingo è il giglio, o lille, la città in cui era nato.

domenica 16 maggio 2021

Il bacio più famoso della storia dell'arte

Nessun bacio è più rappresentativo e iconico del famoso quadro di Hayez, tanto da ispirare artisti e sceneggiatori.



Su uno sfondo quasi monocromo di un castello medievale un giovane con un mantello ed un cappello piumato regge il volto di una ragazza in un appassionato bacio. Il giovane veste una calzamaglia ed ha un piede sollevato su un gradino, gesto che lascia intravedere un pugnale al suo fianco.

Il suo atteggiamento lascia immaginare una partenza imminente. Sullo sfondo si intravede una figura nell'ombra che in molti hanno identificato con un amico del giovane, ma che è inequivocabilmente una figura femminile di spalle, forse una domestica: lo si intuisce più chiaramente nelle altre versioni del dipinto.



La figura in penombra












Le versioni del bacio

La versione  più nota del quadro si trova all'Accademia di Brera ed è stata dipinta nel 1859. Fu presentata con il titolo "Il bacio. Episodio della giovinezza, costumi del XIV secolo" ed ebbe un immediato successo, che probabilmente spinse Hayez a dipingerne altre versioni. Se ne conoscono almeno altre tre, una del 1861 dove la fanciulla veste un abito candido e una del 1867 dove la fanciulla torna a vestire un abito celeste, ma si aggiunge uno scialle su un gradino e qualche variante nello scenario del castello che ospita i due giovani. Affiancate, sembrano quei giochi enigmistici che invitano a trovare i particolari difformi in scene apparentemente simili.  Oltre alle tre note, ne esiste forse una quarta più piccola e probabilmente una versione ad acquerello.









Chi era Hayez

Francesco Hayez era nato a Venezia nel 1791. Era figlio di un pescatore;  la famiglia era alquanto  povera e venne cresciuto a Milano da un parente della madre, mercante d'arte, che intuendo il talento del giovane lo avviò allo studio del disegno, pensando di impiegarlo come restauratore nella sua attività.

Fin da subito il giovane pittore collezionò  vari successi, fu allievo del Canova a Roma, fu a Firenze, poi a Milano dove frequentò gli ambienti culturali che sostenevano i movimenti risorgimentali.  Mazzini disse di lui che era il "capo della scuola di pittura storica".

 Morì a Milano nel 1882, a 91 anni.

Chi sono i due innamorati

Molte sono le congetture sui due innamorati.

Qualcuno vi ha voluto leggere l'ultimo incontro tra Romeo e Giulietta, la figura in penombra sarebbe la nutrice di Giulietta, ma il bacio tra i due famosi fidanzati era stato già dipinto da Hayez decenni prima, nel 1823; qualcun altro vi ha voluto vedere altri due amanti famosi, Paolo e Francesca, sorpresi dal marito di lei (la figura in penombra), ma questa ipotesi è difficile da sostenere dato che la figura in penombra è una donna.

Giulietta e Romeo - F.Hayez









In realtà i dipinti soprattutto la prima e la terza versione sono intrisi di messaggi subliminali evocativi dei movimenti risorgimentali.

Hayez, come abbiamo detto, frequentava gli ambienti culturali che osteggiavano l'occupazione austriaca voluta dalla Restaurazione, gli stessi ambienti che frequentava Alessandro Manzoni che Hayez ritrasse in un noto  dipinto dal quale lo scrittore non si separò mai.

Ritratto di A.Manzoni













Il giovane del "bacio" veste un cappello alla Ernani (l'opera di Verdi), tipico dei briganti calabri e adottato dai rivoluzionari del Risorgimento tanto da essere ritenuto un indumento "sovversivo" ed essere di fatto bandito.



Inoltre il giovane veste una calzamaglia rossa che insieme all'azzurro e al bianco della veste della fanciulla rammentano la bandiera francese: la prima versione del bacio è infatti del 1859, anno in cui Vittorio Emanuele II e l'alleato francese Napoleone III liberarono la Lombardia dalla dominazione austriaca. Il manico del pugnale che si intravede sotto il mantello del giovane rimanda ad una battaglia imminente e quindi, per associazione, ai movimenti per  l'unificazione dell'Italia.

Nella terza versione del 1867 compare il verde nel sottomantello del giovane e un drappo bianco a terra, ad evocare i colori della bandiera italiana e francese; la penisola è ormai quasi del tutto unificata e la spinta alla battaglia non è così impellente, quindi anche il manico del pugnale non è più evidente e sembra essere nascosto da una custodia, rinfoderato, si direbbe, al termine della conquista dell'unità d'Italia.




martedì 11 maggio 2021

L'urlo di Munch e la meteorologia

Nessun dipinto è in grado di evocare il dramma dell'esistenza meglio dell'urlo di Munch: un uomo su un ponte con gli occhi  sbarrati e la bocca spalancata si tappa le orecchie come a proteggerle da un urlo di cui lui stesso è parte: linee ondulate attraversano il panorama come se fossero onde sonore. Due uomini sullo sfondo restano impassibili al dramma che si sta consumando in primo piano.



Dell'"urlo di Munch" esistono diverse copie, la più famosa si trova al Museo di Oslo.

E che il soggetto sia un urlo non vi sono dubbi. Lo dice Much stesso nel descrivere le sensazioni che lo portarono a dipingere il quadro: "Camminavo lungo la strada con due amici quando il sole tramontò. Il cielo si tinse all'improvviso di rosso sangue. Mi fermai. Mi appoggiai stanco morto ad una palizzata. Sul fiordo nero azzurro e sulla città c'erano sangue e lingue di fuoco. I miei amici continuavano a camminare e io tremavo ancora di paura. E sentivo che un grande urlo infinito pervadeva la natura".

La forza evocativa dell'urlo è così potente da aver ispirato anche una emoji.










Chi era Munch

Eduard Munch nacque nel 1863 a Loten un piccolo paese vicino Kristiania, come si chiamava allora Oslo. Figlio di un medico militare, perse la madre da piccolo, subito dopo perse anche la sorella maggiore di tubercolosi, poi il padre e il fratello.

Diceva di sé: "Sono nato malato in una famiglia malata". Una così lunga serie di lutti minarono fortemente la sua psiche: visse in isolamento, spesso preda dell'alcolismo e della depressione. Morì nel 1944.

Durante la gioventù viaggiò molto in Europa, conobbe la pittura di Van Gogh con il quale condivideva lo stesso dramma esistenziale.

Il vampiro

La depressione

La depressione fu una costante nella vita di Munch tanto da richiedere anche il ricovero in una clinica psichiatrica.

E' da questa consapevolezza che origina l'annotazione sulla  sua opera più famosa: Solo un pazzo può averlo fatto. La scritta, in norvegese, compare a matita in un angolo sinistro dell'Urlo, ed è stata ritenuta per decenni un atto vandalico occorso durante la prima esposizione del quadro, ma recenti indagini grafiche hanno permesso di accertare che si tratta proprio della grafia di Munch.

Nel 1918 Munch venne colpito dall'influenza spagnola.

Autoritratto con influenza spagnola

Mentre la maggior parte dei sopravvissuti alla pandemia influenzale soffrì a lungo di catalessi e depressione, Munch ne uscì quasi miracolato: i quadri del periodo dopo il 1918 si fanno meno angoscianti, con soggetti più tranquilli  e più colorati.















Il cielo dell'Urlo

E' stato ipotizzato che il cielo dipinto e descritto da Munch mandasse quegli strani bagliori rossi a causa delle ceneri sospese in atmosfera in seguito alla grande eruzione del vulcano Krakatoa, che però accadde 10 anni prima che il quadro venisse dipinto, un tempo decisamente troppo lungo perché fossero ancora presenti. Tra l'altro quello stesso cielo lo troviamo non solo ne "l'urlo"  ma anche in altre opere, ad esempio in "Ansietà" del 1895.

Ansietà








Doveva essere quindi qualcosa che si ripeteva; anche qui, solo di recente si è compreso che si tratta di un fenomeno atmosferico, il cosiddetto "cielo di madreperla" un fenomeno molto particolare, visibile nei cieli del Nord Europa quando le temperatura si abbassano molto.


Cielo di madreperla sulla Norvegia






sabato 1 maggio 2021

La tempesta di Giorgione un quadro pieno di misteri, ma con molti meno di quel che si vuol credere

Una composizione tranquilla, opera di Giorgio di Castelfranco (Veneto) è stata oggetto di infinite interpretazioni.

Chi era Giorgione

Di lui si sa poco. Giogio o Zorzi detto Zorzione e quindi Giorgione forse per la sua imponente statura, nasce a Castelfranco Veneto tra il 1476 e il 1478 (data di nascita incerta). Muore nel 1510 (data certa rilevata dai registri) per una epidemia di peste.




La tempesta

Il quadro, che oggi si trova alle Gallerie dell'Accademia a Venezia, venne descritto per la prima volta nell'inventario di Gabriele Vendramin, ricco nobile di famiglia veneta, come “cingana et soldato” che fece “Zorzi di Castelfranco” (zingara con soldato dipinta da Zorzi di Castelfranco).

Il quadro rappresenta una donna nuda che allatta un neonato su un panno bianco che le copre parzialmente le spalle, un giovane uomo con bastone è a sinistra. Sullo sfondo alcune rovine, un fiume attraversato da un ponte di legno che conduce ad una città e sopra tutti un cielo minaccioso con un fulmine che squarcia le nubi.

L'uomo è rivolto verso di lei che osserva noi che guardiamo lei: gli sguardi di uomo e donna non si incrocino, sono l'uno indifferente all'altra.


Che cosa significa il quadro

Le interpretazioni del quadro sono innumerevoli:

  • il quadro rappresenta la cacciata dal Paradiso, Adamo ed Eva che allatta Caino e sopra di loro l'ira divina rappresentata dal fulmine

  • l'allegoria della Carità (donna nuda) e la Forza (l'uomo) soggette alla Fortuna (la tempesta)

  • gli elementi alchemici: aria, acqua, terra e fuoco

  • la celebrazione della vittoria di Venezia su Padova nella quale è identificata la città sullo sfondo per via di uno stemma che compare sulla torre di ingresso, molto somigliante a quella dei de Carrara, nobile famiglia Padovana oltre alla chiesa e alla torre in primo piano identificabile con la torre di Ezzelino: la donna che allatta sarebbe una allegoria di Padova sconfitta che allatta (economicamente) la vittoriosa Venezia

  • la leggenda di Genoveffa, favola tramandata oralmente nelle comunità rom, secondo la quale la zingara Genoveffa si innamorò di un giovanotto nobile, ma l'amore tra i due era impossibile a causa della distanza sociale e quando lei rimase incinta, il giovanotto l'abbandonò nel bosco. Un giorno durante una battuta di caccia, sentì il pianto di un neonato, riconobbe Genoveffa e il bambino e decise di rimanere sempre con lei (nella versione a lieto fine).

Il giovane 


Qualcuno si è spinto ad interpretazioni psicoanalitiche nonostante la psicanalisi sia stata scoperta trecento anni dopo, qualcun altro vi legge una evocazione dell'esclusione sociale nella gitana, o presunta tale, esclusa dalla città alle sue spalle, e trascurata dal giovane alla sinistra che finge di non vederla; e stiamo parlando di un quadro dipinto nel 1500 quando l'esclusione sociale non era materia che potesse muovere l'animo di un artista dell'epoca e tanto meno essere oggetto di denuncia ai posteri.

Molte di queste interpretazioni familiesche e religiose vengono ad essere suffragate da altri particolari: l'uomo sul ponte dove qualcuno vuol vedere un Angelo, l'uccello bianco sul tetto, airone, cicogna o gru, dove si vogliono leggere simboli di famiglia, di unione, e altro .

In realtà l'uccello è dipinto con così poca definizione che si può dire solo per certo che è grosso ed è bianco.

Particolare dello stemma dei de Carrara

Le rovine in secondo piano

il viandante sul ponte

Particolare con uccello bianco


Interpretazioni o suggestioni?

Il quadro è stato sottoposto a varie radiografie. Una ultima indagine ha evidenziato che al posto dell'uomo c'era originariamente una donna, a cui è stato poi sovrapposto il giovane col bastone (non una lancia, perché è privo di punte, ma un bastone), per cui cadono tutte le teorie religiose e pagane su famiglie ed unioni coniugali, oltre a quelle celebrative di nascite imperiali di varia natura. Le radiografie hanno anche rivelato altri ripensamenti, tipici del modo di dipingere di Giorgione, un uomo sul ponte con una bisaccia è stato tolto, una torre alta dietro le rovine è stata cancellata ed altri particolari ancora.

la donna a sinistra rivelata dalle radiografie


La tecnica giorgionesca

la tecnica di pittura è stata definita tonale o pittura atmosferica, la si ritrova in Leonardo e anche in Tiziano che di Giorgione fu allievo: non ci sono disegni preparatori e da qui i ripensamenti nel corso della costruzione del quadro e la pittura procede per strati tonali sovrapposti con una transizione dei contorni molto sfumata, quasi impercettibile: tutto è centrato sulla luce.


E se non fosse un soggetto?

Le analisi moderne hanno permesso di stabilire che Giorgione nel comporre la Tempesta ha avuto diversi ripensamenti il che fa concludere che non aveva nessun progetto iniziale e quindi tanto meno la voglia o necessità di voler tramandare chissà quali significati oltre quel che si vede semplicemente nella scena: un paesaggio naturale che incornicia una madre che allatta un bambino simbolo della vita che nasce, una fase successiva della vita data dal giovanotto a sinistra, le rovine dietro di loro e la decadenza delle cose umane: anche le città per quanto forti e splendide cadono in rovina come suggerisce il ponte che collega le due parti della scena. A sovrastare tutto la natura con la sua forza sconvolgente cui tutti siamo soggetti: se si parte dal centro della figura femminile e si segue la scena in senso antiorario il significato è fin troppo evidente.



La pernice di Brugel

 Il quadro è conosciuto con il titolo di “la caduta di Icaro”, opera di Brugel , conservato al Museo Reale di Belle arti in Belgio. Per trov...