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lunedì 19 luglio 2021

La magia del toro di Potter

Non stiamo parlando del maghetto ideato dalla scrittrice J.K.Rowling, ma del pittore olandese Paulus Potter, autore del quadro "Il toro" e anche lui, a modo suo, un mago.

Il quadro

Il dipinto in questione si trova alla Mauritshuis e ritrae  una scena bucolica, di campagna con un giovane toro in primo piano.



Il quadro è già una eccezione per le sue dimensioni, 235,5x339 cm. Per rendere l’idea, la parete di un normale appartamento odierno, difficilmente lo potrebbe accogliere.

Di solito quadri di dimensioni così grandi erano riservati a soggetti religiosi che dovevano essere ospitati in ambienti grandi come chiese o conventi ed essere osservabili da lontano.

Qui invece è ritratta con stupefacente realismo, una scena di campagna: un contadino con la giacca un po’ lacera si affaccia da uno steccato su cui il pittore ha posto la propria firma “Paulus Potter 1647”. Il contadino è appoggiato a due alberi che si intrecciano a croce,  un olivo e una quercia e osserva il suo bestiame: un montone, una pecora, un agnello, una vacca e un torello. Il quadro è infatti conosciuto come “il toro”.





C’è un significato simbolico nella composizione: quercia e olivo simboleggiano costanza e stabilità, la vacca è simbolo di prosperità.

In basso è dipinto un anfibio, qualcuno dice una rana, ma potrebbe trattarsi anche di un rospo smeraldino. Nel cielo sta volando un’allodola.

Rospo smeraldino


Particolare con l’anfibio

Sullo sfondo, in lontananza  si intravede una fattoria e il campanile della chiesa del paese di Rijswijk, situato tra Delft e L’Aia.

Il protagonista sembra essere il giovane toro, che pure ha qualcosa di magico. A ben osservarlo non è un vitello normale, ma una somma di tanti animali: gli esperti di bestiame vi hanno individuato animali di almeno quattro età diverse: le corna sono quelle di un animale di due anni, i denti di uno di quattro, il posteriore è quello di un animale giovane, le spalle di un toro adulto.  Eppure non è che Potter non avesse mai visto un toro: era questo il suo genere di pittura, scene campestri con bestiame, soprattutto mucche e non gli si può imputare scarso realismo: non solo ha dipinto la bava sulla bocca del toro, i peli del muso della vacca, ma anche mosche e tafani che gli ronzano intorno. Eppure il suo toro è speciale, un animale magico,  il toro ideale.

Particolare con le mosche


L’autore

Paulus Potter nacque in Olanda nel 1625. Si formò presso il padre, pittore anche lui e vasaio. Fu un artista  precoce, la sua prima opera venne compiuta a soli 15 anni e precocemente concluse la sua esistenza, nel 1654 a 28 anni, di tubercolosi. In così breve tempo dipinse 130 capolavori,  il che, se non è magico, è comunque straordinario. 

Da documenti rinvenuti si sa che la sua famiglia sostenne che si era consumato per il troppo lavoro.


lunedì 12 luglio 2021

Preziosa acqua

Acqua fonte di vita, bevanda essenziale, soggetto sottinteso dell’ “acquaiolo di Siviglia” di Diego Velasquez.



L’ autore

Velasquez nacque il 6 giugno 1599 a Siviglia. Il padre era un avvocato portoghese e la madre una nobile sivigliana. All’età di 10 anni, come era consuetudine all’epoca, venne mandato a bottega. Ebbe come maestro Francisco Pacheco, del quale all’età di 19 anni sposò la figlia, Juana Pacheco.

Nel 1623 dipinse il primo ritratto del re, Filippo IV; il successo fu immediato e poderosa l’ascesa. Venne nominato pittore del re, ebbe diversi incarichi diplomatici per conto di Filippo IV fino ad essere nominato “hidalgo”, cavaliere. Morì forse di polmonite nel 1600 a 61 anni; la moglie Juana morì una settimana dopo.

Il dipinto

La versione più nota dell’acquaiolo, dipinta intorno al 1620, è custodita al Wellington Museum di Londra, ma ve ne è una versione precedente conservata agli Uffizi di Firenze

L’acquaiolo degli Uffizi


L’opera appartiene al genere bodegòn, ovvero ritratti di persone umili, molto in voga tra il 1500 ed il 1600.

In primo piano è un vecchio con la giubba strappata che porge ad un fanciullo un bicchiere di acqua: lo capiamo perché la sua mano è appoggiata su un orcio sul quale si notano alcune goccioline di acqua.



A sinistra si trova una alcarraza, una brocca in terracotta, tipica di Siviglia, ottenuta dalla lavorazione dei fanghi del fiume Guadalquivir e utilizzata per conservare fresca l’acqua mediante il semplice processo di evaporazione.

Sulla alcarraza è appoggiata una tazza in ceramica sivigliana, di Triana, quartiere di Siviglia famoso per le ceramiche, le azulejios, tanto da essere ammirate oggi nel Museo della ceramica della città.

Dietro al fanciullo appare accennato il volto di un uomo che beve da una tazza anche essa in ceramica. Il particolare inquietante  della scena è che nessuno dei tre si guarda in faccia, così in molti hanno voluto vedere in quest’opera una allegoria delle tre età dell’uomo. Poiché l’acqua è simbolo di saggezza, il vecchio con il bicchiere sta dispensando saggezza al bambino il cui volto mostra soggezione; di questa saggezza offerta il bimbo dovrà far tesoro per quando sarà più maturo (l’uomo in penombra).

Ma ad osservare meglio, c’è un altro particolare curioso: c’è qualcosa nel bicchiere. Si tratta di un fico, che, non allude a nessun simbolo erotico, come qualcuno ipotizza, ma è semplicemente un accorgimento utilizzato dagli acquaioli per aromatizzare l’acqua e darle per così dire, un sapore più vivace: è un fico seccato, quindi dolce, non un fico fresco la cui essenza lattiginosa sarebbe irritante per le mucose della bocca.



Velasquez ha semplicemente dipinto, con incredibile realismo, quanto osservava per le strade di Siviglia.

domenica 11 luglio 2021

Un commovente uccellino

 L’uccellino più famoso della storia dell’arte è sicuramente il cardellino di Carel Fabritius.

Il quadro

Un quadretto piccolo nelle dimensioni, poco più del suo modello vivente, misura appena 33,5 x 22,8 cm, dipinto con poche semplici pennellate, da quasi 500 anni continua a scatenare l’immaginazione di chi lo osserva, tanto da diventare il soggetto di un noto romanzo di Donna Tartt da cui è stato tratto anche un film con Nicole Kidman.




Il quadro è conservato all’Aia al Mauritshuis. Il soggetto si rifà al tromp l’oeil, tecnica pittorica illusionista con la quale si cercava di dare tridimensionalità a soggetti bidimensionali. Questa tecnica, non ha una origine ben precisa  dal momento che il disegno nasce come illusione per riprodurre oggetti tridimensionali su supporti bidimensionali; Giotto ad esempio la utilizzò nella Cappella degli Scrovegni, ma ve ne sono esempi anche nell’arte greca e ancor prima in quella egizia. Nel 1600 raggiunse la sua massima raffinatezza. In effetti se non ci fosse la cornice e la scritta, potremmo veramente dire che quello in fondo alla parete è un cardellino vivo legato con una catenella ad un trespolo.



Il dipinto ci stupisce perché il realismo non è stato raggiunto con dettagli fotografici, ma con giochi di luci ed ombre; l’ala è stata tracciata graffiando il giallo con il manico del pennello. Lo sfondo è stato dipinto per ultimo.

Una lezione da tenere bene in mente da parte di quei moderni iperrealisti che compongono sulla tela i minuscoli dettagli proiettati dal proiettore collegato al computer!

L’uccello

Cardelius cardelius, il cardellino di Fabritius è conosciuto in olandese come “il portatore d’acqua”. All’epoca questi piccoli uccelli venivano infatti allevati come animali domestici per deliziare i bambini e venivano addestrati a fare semplici “giochi” come quello di versare acqua con un minuscolo secchiello in un contenitore più grande.



L’autore

Carel nacque in Olanda nel 1622, figlio di un insegnante che pare facesse  il pittore nei momenti liberi. Inizialmente avviato al mestiere di carpentiere, da cui trasse l’appellativo Fabritius, nel 1640 venne mandato a bottega insieme al fratello. Fu tra gli studenti migliori di Rembrant e tra i più originali: i suoi dipinti partono da sfondi chiari e luminosi, al contrario del suo maestro.

Inizialmente si specializzò in pitture murali da cui gli derivò un immediato successo; ne è un esempio la vista di Delft, un’altra delle sue opere più note.



Purtroppo la sua vita fu assai breve. Nel 1654, poco tempo dopo aver dipinto il cardellino, a Delft esplose una polveriera che distrusse alcuni quartieri della città tra cui quello dove si trovava lo studio di Fabritius. Quel giorno stava ritraendo il guardiano della Oude Kerk (la vecchia chiesa). L’esplosione uccise il guardiano, la suocera di Fabritius e lo stesso Fabritius che fu estratto vivo dalle macerie, ma morì il giorno stesso, a soli 32 anni, all’ospedale di Delft per le ferite riportate.

Poche delle sue opere si sono conservate, appena 12 quelle attribuitegli, probabilmente le altre andarono distrutte nella esplosione.



sabato 10 luglio 2021

Birra e arte

Il bar de “Le Folie Bergere” di Eduard Manet rappresenta una immagine iconica dei passatempi della borghesia francese durante la Belle Epoque.

Il Folie Bergere era un  noto Café-concerto parigino dove si svolgevano anche spettacoli di varietà, un Music Hall diremmo oggi.

Da qui sono passati veri e propri miti dello spettacolo come la ballerina Isadora Duncan, Zsa Zsa Gabor, Maurice Chevalier.

Il locale si trova in rue Richer vicino a rue Lafayette e prende il nome dalla adiacente rue Bergeres



Il dipinto

Il quadro, oggi conservato alla Courtauld  Gallery di Londra, ritrae una scena al bar del Folie Berger. 

Venne dipinto in studio,  nel 1881 quando Manet era ormai già molto malato, colpito da una atassia, una paralisi, forse di origine sifilitica. Eduard Manet morì il 30 aprile 1883.

Nella scena si vede una giovane ragazza, la cameriera del bar che sappiamo chiamarsi Suzon, di fronte al bancone di marmo. Dietro di lei una enorme specchiera riflette lo spazio dilatato del locale. In questa tranche de vie, frammento di vita, si osservano gli avventori del locale, c’ è chi parla, chi  osserva lo spettacolo con i binocoli, in alto infatti si intravede un trapezio e le gambe della trapezista. 

Sulla destra del quadro un signore molto elegante, con i tratti che ricordano l’autore del quadro, sta consegnando la sua ordinazione alla ragazza che per essere una barista, sfoggia una raffinata eleganza: orecchini perlacei, cameo al collo, bracciale dorato, un frivolo mazzolino di fiori appuntato al corpetto. Lo sguardo tuttavia sembra assente e annoiato, la ragazza è immersa nei suoi pensieri.

La birra

Gli occhi dell’osservatore, dopo essersi posati sul volto di Suzon si spostano sul bancone. Qui Manet inserisce una magnifica composizione di natura morta per descrivere quel che si trovava in quel bar:  bottiglie di champagne con il classico cappuccio dorato, un’alzata con mandarini e aranci, allora come adesso ingredienti di molti cocktail, una bottiglia verde che qualcuno interpreta come menta, ma che più correttamente potrebbe essere assenzio, bevanda allora molto alla moda e sia sulla sinistra che sulla destra due bottiglie con un inconfondibile triangolino rosso stampato sull’etichetta.



Si tratta di birra Bass Pale Ale, tutt’ora in produzione. È una birra inglese dal colore rosso ambrato e dal gusto morbido, molto alcolica. Ale sta infatti per Alta Fermentazione; è un metodo di produzione della birra che prevede l’estrazione degli zuccheri da cereali maltati  a temperatura ambiente. Il malto d’orzo e i luppoli fermentati a temperatura ambiente conferiscono alla birra un aroma morbido e intenso.

A sinistra vicino alla birra Bass compare una bottiglia rossa, che ha una sua omologa anche sull’altro lato della scena per dare equilibrio e simmetria e che potrebbe essere rum. Sull’etichetta della bottiglia di sinistra Manet ha elegantemente posto la sua firma, nascondendola quasi per non turbare la composizione.



Qualcuno ha voluto vedere in questo quadro il “testamento spirituale” di Manet; più che un testamento si potrebbe dire un piacevole ricordo di un vecchio passatempo.



lunedì 5 luglio 2021

Madame Ginoux

Strano ed amletico personaggio quello di Madame Ginoux.

Marie Julienne nasce nel 1848; nel 1866 sposa Julien Ginoux. Nel 1888 la troviamo ad Arles, proprietaria di un bar e affitta-camere, il cafè de La Gare in Place de la Martine, frequentato dagli impressionisti.

E' qui, che all'età di 40 anni, viene ritratta da Van Gogh e da Gauguin durante la loro permanenza ad Arles.


Il ritratto di Van Gogh

Van Gogh dipinge Madame Ginoux in più occasioni, ma il ritratto più noto è quello conosciuto come “L'Arlesienne” dove la donna è ritratta in atteggiamento pensoso davanti ad alcuni libri tra cui è riconoscibile il “Canto di Natale” di C. Dickens.

Van Gogh: L'Arlesienne


In una lettera al fratello Theo racconta la genesi del quadro: “Finalmente ho un'Arlesiana, una figura dipinta velocemente in un'ora, su uno sfondo giallo pallido, il viso grigio, l'abbigliamento dalle tinte scure, un nero intenso e un blu di prussia vero e proprio. È appoggiata ad un tavolo verde ed è seduta su una sedia di legno color arancio” 

Van Gogh sembra le fosse piuttosto affezionato, in quanto condividevano in qualche modo gli stessi problemi di nervi; pare infatti che anche Madame Ginoux soffrisse di nevrosi ed è per questo che Vincent ne mette in risalto nei suoi ritratti l'animo caritatevole.

Gauguin invece la ritrae in un atteggiamento simile, ma davanti agli strumenti del mestiere: un sifone, un bicchiere da cocktail, un piattino con delle zollette di zucchero. Sotto il tavolo da biliardo che le fa da sfondo, si intravede un gatto, a dare maggior intimità all'ambiente.

Gauguin: Madame Ginoux

 Una mia versione: tra Van Gogh e Gauguin


Il rapporto con Van Gogh

Madame Ginoux si prese cura di Vincent fin dal suo arrivo ad Arles; lo accudì quando venne ricoverato in ospedale ad Arles dopo l'automutilazione di un orecchio e infatti la troviamo ritratta in prima fila da Gauguin nel quadro “Donne nel giardino dell'ospedale di Arles”.

Di recente è stato reso pubblico un documento in cui i coniugi Ginoux figurerebbero tra i firmatari di una “petizione” che chiedeva l'arresto di Van Gogh per i suoi accessi di ira e le crisi nevrotiche, quello che oggi potremmo definire una richiesta di “Trattamento Sanitario Obbligatorio”. Non è dato sapere cosa avesse spinto i coniugi Ginoux ad aderire alla petizione, forse le insistenze di altri concittadini, né esistono prove se Van Gogh fosse stato avvertito di questo da Madame Ginoux, fatto sta che fu lui, alla fine, a scegliere di farsi ricoverare in un ospedale psichiatrico.

Van Gogh: ritratto di M.me Ginoux


Gauguin: Donne nel giardino dell'ospedale

Il giallo dei disegni

Madame Ginoux era proprietaria non solo del Cafè di Arles, ma anche della nota “casa gialla” dove Vincent soggiornò con Gauguin e dove avrebbe dovuto nascere, nelle intenzioni di Van Gogh, un circolo di artisti, se Paul Gauguin non avesse scelto la strada per i tropici abbandonando il progetto e Van Gogh.

I coniugi Ginoux non avevano figli, la casa passò ad altri proprietari che, a distanza di oltre 100 anni dalla morte di Madame Ginoux, affermarono di aver rinvenuto all'interno della casa, un libro contabile del Cafè di Arles con 65 disegni di Van Gogh non firmati.

I disegni vennero pubblicati da una casa editrice francese che si era procurata i necessari certificati di autenticità dei disegni.

Tuttavia, il Museo Van Gogh di Amsterdam, massima autorità in materia, si affrettò subito a dichiarare che si trattava di falsi, principalmente a causa dell'utilizzo di un inchiostro bruno che Vincent Van Gogh non ha mai utilizzato. La diatriba non si è mai risolta.

Arte e assenzio

Nessuna bevanda ha assunto più di ogni altra quell’aura di mistico fascino che nel tempo si è guadagnato l'assenzio.

Il distillato di assenzio fu ideato da Pierre Ordinaire, medico francese che a causa dei disordini scaturiti dalla rivoluzione francese riparò in Svizzera, dove si trovò a disposizione molte erbe, tra cui l’Artemisia absynthium, o assenzio.

la pianta


Inizialmente  l'assenzio era utilizzato dalle truppe francesi in Algeria come disinfettante per l'acqua da bere. Al loro rientro in patria i soldati ne diffusero l'uso anche attraverso i café che frequentavamo abitualmente. La moda dilagò rapidamente, contribuendo non poco alla  diffusione della piaga dell'alcolismo, specialmente tra i ceti sociali più bassi.

Rapidamente l'uso dell'assenzio come bevanda varcò i confini della Francia e divenne per tutti la "Fata Verde" a causa del  colore verde smeraldo brillante. 


La bevanda

L'assenzio si serve in un apposito bicchiere con una ampollina alla base, che serve da misura per il distillato;   sul bicchiere si appoggia un cucchiaio con un fessura e sopra una zolletta di zucchero. Si versa dell'acqua ghiacciata sulla zolletta che sciogliendosi, attenua l'amaro e l'elevata  gradazione alcolica (non meno di 70 gradi alcolici) e fa acquisire alla bevanda quel colore giallo opaco lattiginoso detto louche.

"Illustri" consumatori di assenzio furono Baudelaire,  Van Gogh,  Degas, Manet, Picasso.


come servire l'assenzio


Non soltanto l'alcol,  ma anche la presenza di una sostanza tossica contenuta nell'assenzio, il tujone, sembra essere responsabile di convulsioni e crisi epilettiche. In realtà per poter accumulare nell'organismo una concentrazione tossica di tujone, si dovrebbe bere almeno 100 litri di assenzio;  fra l'altro il tujone è presente anche in alcune piante aromatiche di uso comune come il prezzemolo e l'alloro.


A causa della presunta tossicità si scatenò nei confronti dell'assenzio una vera e propria propaganda negativa, fortemente sostenuta dai produttori di vino, che avevano subito le    perdite provocate dalla filossera con la distruzione di molti vigneti e che quindi non potevano tollerare la concorrenza di una bevanda fortemente alcolica e a buon mercato. Nel 1915, allo scoppio della prima guerra mondiale, per assicurare la sobrietà delle truppe, ne venne proibita la produzione e la vendita.


Degas e i bevitori di assenzio


Il quadro ritrae due amici di Degas, prestatisi a fare da modelli: lei è Ellen Andrée, attrice e modella, lui è Marcel Desboutin, pittore ed incisore e si trovano nel Cafè de la Nouvelle Athéne, in place Pigalle, locale molto alla moda, frequentato dagli impressionisti. Esiste la falsa convinzione che gli impressionisti dipingessero all'impronta, in realtà ciò non sempre è vero. Questo dipinto in particolare richiese quasi 2 anni di lavoro, quindi era necessario avere dei modelli professionisti che si rendessero disponibili per  il tempo necessario.

Purtroppo il dipinto attirò una cattiva fama sui due amici de Degas che fu costretto a  rendere una dichiarazione pubblica che non erano alcolisti.


Degas: I bevitori di assenzio


Nonostante la finzione di scena il messaggio arriva forte e chiaro. Lei veste gli abiti un po’ appariscenti di una prostituta, ha una bottiglia vuota di fronte a sé e  l'ultimo bicchiere di assenzio,  riconoscibile dalla tonalità, giallo lattiginoso.

Lo sguardo è perso nel vuoto, istupidito, come intossicato;   lui fuma la pipa e  ha davanti a sé un bicchiere di vino rosso. Ha  i tratti dell'alcolizzato e sembra disinteressarsi di ciò che lo circonda,  immerso nei suoi pensieri e nello stordimento dato dall’ alcol.

Il quadro venne acquistato da un ammiratore degli impressionisti, il capitano Henry Hill;  alla sua morte andò in asta da Christie's dove acquisì per la prima volta il titolo con il quale oggi è conosciuto. Ebbe vari proprietari per poi finire  al conte di Camonde che lo acquistò per donarlo al Louvre; fu, successivamente trasferito al Museè d'Orsay dove ancora si trova.

Un altro dipinto famoso in tema,  è il "bevitore di assenzio", dell'amico di Degas, Edouard Manet.

Il quadro ritrae un alcolizzato appoggiato ad un muro, Collardet, che faceva lo  chiffonier, il raccoglitore di stracci. L'utilizzo di toni marrone-giallastri sembra accentuare il degrado e la depressione data dall'abuso di alcol.

Il dipinto è conservato alla Glyptotek di  Copenaghen e ricevette fin da subito critiche negative, testimonianza del discredito sociale che colpì la bevanda, ancora oggi alquanto demonizzata.


Eduard Manet: l'assenzio

Particolare: bicchiere di assenzio



Basti pensare che in Italia la legge che ne disciplina la vendita è del 1992, mentre negli Stati Uniti, ne è a  tutt’oggi vietata la commercializzazione e l’importazione.

giovedì 1 luglio 2021

Amor sacro e amor profano

Con questo titolo è conosciuta una delle opere più famose di Tiziano, artista cinquecentesco di Pieve di Cadore. 
Non era questo il titolo originario, forse all'origine l'opera nemmeno aveva un titolo, ma é così che per la prima volta, nel 1613, viene documentata nel patrimonio di Scipione Borghese a Villa Borghese dove il quadro ancora si trova. 


 Il dipinto 

L'opera raffigura due giovani donne sedute su una fonte-sarcofago piena d'acqua.
La donna di sinistra é abbigliata come una sposa dell'epoca, una sposa di rango con un ricco abito, guanti, cintura con fibbia dorata in vita e corona di mirto in testa e regge un vaso, a fianco è poggiato un bacile, che a quei tempi veniva regalato alle spose in segno di buon auspicio, dato che era poi utilizzato durante il parto. 
La donna di destra è seminuda, veste un drappo rosso e offre al cielo un incensiere.
In mezzo a loro un amorino si diverte ad agitare le acque della fonte con la sua manina. Le donne sembrano gemelle ed in molti si sono affannati a riconoscervi le Veneri gemelle, ma molto più semplicemente il volto è stato prestato dalla medesima modella. 
Altri hanno voluto leggere nel quadro significati allegorici e politici, riferendosi anche al fatto che Tiziano fu allievo di Giorgione, che amava le allegorie. 
In realtá il quadro è un dono di nozze, commissionato nel 1515 da Nicolò Aureli per il matrimonio con Laura Bagarotto. 
Lo stemma dei Bagarotto è stato individuato sul bacile e quello degli Aureli sulla fonte-sarcofago. 

La storia

Facciamo un passo indietro.
Siamo ai tempi delle guerre tra Venezia e Padova, quando la Serenissima, che aveva perso splendore a causa dello spostamento delle rotte commerciali sull'Atlantico, cercava di espandersi nell'entroterra veneto e romagnolo, ai tempi della Lega di Cambrai e di quelle alleanze e controalleanze che ebbero per registi il papato, l'imperatore francese e non solo. Il padre di Laura, Bertuccio Bagarotto, assume una carica di rilievo nella città di Padova, per amministrarla nell'interesse di Venezia, ma questo viene interpretato come Alto Tradimento e nel 1509 il consiglio de Dieci della Serenissima lo condanna a morte. L'atto viene firmato da Nicolò Aureli e non poteva essere altrimenti visto che era il Segretario del Consiglio dei Dieci. Insieme a Bertuccio vengono condannati altri presunti complici tra cui Francesco Borromeo, primo marito di Laura. Non è dato sapere quanto Nicolò Aureli fosse d'accordo con la condanna, fatto sta che anni dopo viene riconosciuta l'innocenza del Bagarotto, la sua memoria riabilitata, Laura sposa Nicolò Aureli, ancora membro del Consiglio dei Dieci e pochi giorni prima delle nozze le viene restituito il patrimonio in precedenza sequestrato. 

 Il tema nunziale 


Tutta questa vicenda era ben nota a Tiziano ed in qualche modo si legge sullo sfondo. Sul sarcofago-fonte sono riprodotte scene di violenza: a sinistra è stato riconosciuto il ratto di Proserpina ad opera di Poseidone, dio degli Inferi, a destra, Marte, geloso, che percuote Adone, amante della moglie Venere.



Fronte del sarcofago
 

Sullo sfondo si vede a sinistra una cittá fortificata rappresentata sotto le luci dell'alba ed un cavaliere che vi entra al galoppo, più sotto una coppia di conigli, simbolo dell'amore coniugale. 

Lo sfondo sulla sinistra



In mezzo un alto cespuglio sembra offrire una cesura del tempo, per passare ad un'altra scena: una cittá lagunare con un alto campanile che potrebbe essere Venezia colta al tramonto, con una scena di caccia, due cavalieri e uno dei conigli che viene inseguito da un levriero; più a destra delle greggi, ignare, pascolano. 

Lo sfondo sulla destra



Le donne in primo piano sono una allegoria della vita coniugale fatta di doveri, fedeltà, ma anche di sensualitá e della benevolenza della dea dell'Amore, Venere; è questo il messaggio augurale che Tiziano sembra rivolgere a Laura. In mezzo Eros che con la sua manina agita le acque di sentimenti diversi e talvolta contrastanti.

La pernice di Brugel

 Il quadro è conosciuto con il titolo di “la caduta di Icaro”, opera di Brugel , conservato al Museo Reale di Belle arti in Belgio. Per trov...